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venerdì 31 ottobre 2008

Università italiana: sprechi accertati - prima parte

I bilanci in rosso delle Università Italiane nascondono spese ormai fuori controllo: troppi dipendenti, corsi di laurea di dubbia utilità, concorsi banditi senza sosta, sprechi che si perpetuano. Gli atenei dovranno predisporre piani di rientro sui quali il Governo vigilerà e la lotta agli sprechi diventerà prioritaria. L’università italiana, così come è, è indifendibile e chi lo fa danneggia solo i ragazzi. Molti corsi di laurea servono solo a moltiplicare le cattedre: saranno eliminati quelli non necessari.

Le cifre dello sfascio
Nel corso degli ultimi anni gli atenei italiani hanno moltiplicato i corsi di laurea e, di conseguenza, le cattedre. 5.500 sono i corsi di laurea in Italia. Le università sono 90 con 330 sedi distaccate e 170 mila insegnamenti attivati. In media gli altri paesi europei ne hanno la metà. 37sono i corsi di laurea con un solo studente. 323corsi di laurea non superano i 15 studenti iscritti. 20 sono le università italiane sull’orlo della crisi finanziaria. Negli ultimi 7 anni, però, sono stati banditi concorsi complessivamente per 13.232 posti da professore ordinario o associato, ma i promossi sono stati complessivamente 26.004. Nel 99,3 per cento dei casi sono stati promossi senza che ci fossero posti disponibili. Per coprire le nuove qualifiche i costi del personale sono aumentati di 300 milioni di euro.


I fondi per ogni studente attivo sono tra i più alti al mondo
Ad ogni inaugurazione di anno accademico i docenti battono cassa. Poi, andando a guardare a come vengono gestiti i soldi, emergono scandali clamorosi. Ma non solo: è falso l'assunto di partenza, cioè che le risorse a disposizione siano scarse. Secondo la Crui (conferenza dei rettori) infatti, mediamente gli atenei italiani dispongono di 7.723 dollari per studente, cifra che porrebbe l’Italia agli ultimi posti nel mondo. Le nostre università insomma, avrebbero dotazioni paragonabili a quelle di Messico o Ungheria, invece che a quelle degli altri Paesi del G7. Ma c’è il trucco. Perché se l'università è (quasi) gratis, si iscriveranno molte persone poco motivate, che poi non frequenteranno nemmeno le lezioni, men che meno daranno esami. Dunque, uno studente che in facoltà non mette piedi, non impegna risorse. I fondi delle altre università infatti sono calcolati sulla base dei soli Etp, gli «studenti equivalenti a tempo pieno». Insomma i soli studenti attivi. Il dato italiano, al netto da questo trucchetto da maghi da strapazzo, sale a 16.027 dollari, una delle cifre più alte al mondo, seconda solo a Stati Uniti, Svizzera e Svezia.


Il mito dei poveri ma bravi
Ma i ricercatori italiani sono davvero così poveri? Gli stipendi dei giovani sono davvero bassi, ma per effetto della progressione per anzianità, l'unica riconosciuta dall'università italiana, la media arriva a 48.300 dollari l’anno, contro la media di 46.000 dollari dell'Inghilterra. E il paragone con l'America è ancora più eclatante. Un ordinario italiano con 25 anni di servizio può raggiungere uno stipendio superiore a quello del 95% dei professori americani, indipendentemente dalle pubblicazioni scientifiche. La differenza è nella distribuzione degli stipendi: in Italia strapaghiamo l’anzianità di servizio, anche a chi, una volta assunto, non abbia all’attivo pubblicazioni scientifiche.


Università di Firenze: a lezione di vinsanto
Olio extravergine, Chianti classico, Vinsanto, Rosso toscano e grappa: roba di prima qualità quella con l’etichetta Villa Montepaldi. Prodotta con il sudore di esperti braccianti. E un po’ anche con quello di tutti noi. L’azienda agricola, difatti, è foraggiata con generosità dall’Università di Firenze, proprietaria di questi 40 ettari a San Casciano Val di Pesa. Utilità? Discutibile: l’ultimo avvistamento di uno studente alla “fattoria dell’università “, come la chiamano vezzosamente i professori, risale a qualche anno fa. E l’azienda è in perenne perdita, nonostante i milioni di euro versati dall’ateneo. Che, tra un buon bicchiere di rosso e un crostino intinto in olio pregiato, ha un deficit di almeno una settantina di milioni di euro che rischia di raddoppiare nel 2010. A Firenze si spendono praticamente tutti i finanziamenti statali per pagare il personale. Lo fanno in tanti. Le economie devono partire da lì. Eppure quest’anno l’università, nonostante la voragine in cui è cascata, ha già bandito 43 concorsi per ricercatore.


Università di Siena: centinaia di milioni di debiti
Negli ultimi anni, mentre l’ateneo accumulava passivi, sono stati aperti tre nuovi poli: a Colle Val d’Elsa, San Giovanni Valdarno e Follonica, che si aggiungono alla sede di Grosseto. E a quella di Arezzo: qui brillano i corsi di laurea in storia dell’antichità (tre iscritti) e in società, culture e istituzioni d’Europa (sette allievi). La gestione del vecchio rettore Tosi, in carica dal 2002 al 2005, ha lasciato 160 milioni di debiti. Periodo in cui il costo per il personale è aumentato costantemente, arrivando, tra docenti e amministrativi, a un dipendente ogni 3,9 studenti. In questa situazione, invece che proporre riduzioni della spesa, nell’ultimo anno sono stati stabilizzati 300 amministrativi e sono stati banditi concorsi per 43 ricercatori.


Università di Genova: assunzioni nonostante il deficit milionario
A Genova hanno assunti 34 di ricercatori, oltre a 17 professori. Peccato che l’anno scorso sia comparso un buco di 15 milioni di euro. La Corte dei conti sta indagando sulle cause.


Università La Sapienza di Roma: deficit ed assunzioni
Alla Sapienza il bilancio del 2007 è stato chiuso con 40 milioni di euro di deficit. L’ex rettore Renato Guarini, in carica fino a settembre 2008, aveva dunque annunciato un notevole contenimento della spesa per il personale. Il proclama si è tradotto in una nuova infornata di cattedre: 186 solo quest’anno.


Università dell’Aquila: corsi con solo otto iscritti
Per Ferdinando Di Iorio, rettore dell’Università dell’Aquila (in lizza per la candidatura a governatore abruzzese con la Sinistra arcobaleno) le proposte del Governo Berlusconi sarebbero un colpo mortale a coloro che riescono, nonostante tutto, a fare ricerca di eccellenza. Il suo ateneo, però spende il 95,5 dei finanziamenti statali per il personale e ha un disavanzo di 12 milioni di euro. Eppure non centellina: vanta un corso per infermieri ad Avezzano, un altro in economia del turismo a Sulmona e quello, più disgraziato, in ingegneria agroindustriale a Celano, con soli otto iscritti.


Università della Sicilia: medici di troppo
Anche al Policlinico dell’Università di Messina i conti non tornano da anni. Tanto che dal 2004 la Regione Siciliana non approva un bilancio. Il deficit è di 40 milioni di euro. Per metà dovrebbe essere ripianato dall’ateneo, che insiste a non mettere da parte 1 euro, anzi. Il sito dell’università annuncia le selezioni per 90 amministrativi. Il rettore, Francesco Tomasello, va avanti a bandire: 74 posti per docenti e ricercatori solo nel 2008. Vi è carenza di personale? Al contrario: per il ministero, solo nella facoltà di medicina ci sono 320 medici di troppo. Non insegnano né fanno ricerca, sono solo inutili, anche se vengono pagati lautamente, e la regione partecipa alle spese. Come accade all’Università di Enna, la Kore, quarto polo siciliano nato grazie all’attivismo del senatore del Partito democratico Mirello Crisafulli, leader elettorale della zona. Tutto privato, promisero i politici quando si trattò, nel 2004, di ottenere le dovute autorizzazioni. Lo Stato non ci metterà un soldo, ribadirono. Ma la regione sì: un contributo di 2 milioni l’anno. Poi c’è la provincia, con 800 mila euro. Altri 400 mila arrivano dalle esangui casse dei comuni di uno dei territori più poveri d’Italia.


Università della Basilicata: accumuli di debiti
È andata così all’Università della Basilicata. Nel 2005 è entrata in esercizio provvisorio: nelle casse non c’erano più soldi. Poi è intervenuta la regione: ha concesso 3 milioni di euro l’anno fino al 2007, saliti ora a 5. Qualche tempo dopo, a febbraio del 2008, il figliolo di un ex assessore della giunta lucana ha vinto un concorso da ricercatore nella nuova facoltà di economia.


Università di Napoli: esempio virtuoso
Alla Federico II di Napoli il rettore, Guido Trombetti, ha recentemente annunciato di avercela fatta da solo: L’ultimo bilancio è in perfetto pareggio. Il penultimo invece era in profondo rosso: 10 milioni di euro. Poi però è cominciata l’era del rigore, che si è tramutata in un aumento delle spese per il personale del 4,5 per cento. Risultato: l’università sborsa per i dipendenti più di quanto gli trasferisca lo Stato. Avanzano 11 milioni: le tasse pagate ogni anno dagli studenti. Ma per far funzionare il più elefantiaco ateneo del Meridione sembrano pochini. Invece bastano, addirittura avanzano, tanto da permettere di bandire quest’anno ben 37 concorsi per docenti e 54 per ricercatori.

GHIGO: La legge Gelmini non c'entra nulla con l'università

“Con l’università il decreto Gelmini non c’entra nulla, ma c’è chi vuole strumentalizzare gli studenti per evitare una riforma che, invece, è sempre più urgente”. Così si è espresso Enzo Ghigo, coordinatore regionale di Forza Italia /Pdl, commentando lo sciopero del mondo della scuola. “Il Pd ha utilizzato il tema della scuola per cercare di uscire dall’angolo e ripartire con l’opposizione. E questo fa parte del suo “mestiere”, anche se in tal modo si rischia di fare danno al Paese, proprio nel momento in cui la crisi economica richiederebbe di rinserrare le fila. Ma questa strumentalizzazione ha avuto il merito di far puntare i riflettori sull’università, scoprendo sprechi e disfunzioni cui si dovrà assolutamente porre rimedio”.

Il senatore azzurro ricorda che nell’arco di pochi anni i corsi universitari sono più che raddoppiati, passando da 2.500 a 5.500. Di questi, 323 corsi non superano i 15 studenti iscritti. “In Italia ci sono 170mila insegnamenti universitari attivati, il che comporta una pletora di docenti, ordinari e associati, che non ha eguali al mondo. E ciò nonostante, la percentuale di laureati è a livelli da terzo mondo, più in basso del Cile. Come ha detto qualcuno, abbiamo confuso la salute con la quantità delle medicine. In realtà questa moltiplicazione all’infinito di corsi è funzionale a dare incarichi a docenti e ricercatori che, come si è scoperto, in molti casi sono parenti degli stessi professori”. Le risorse che in Italia sono destinate agli studi superiori, ha sottolineato Ghigo, “non sono scarse rispetto ai parametri internazionali, ma sono mal impiegate. Il raffronto con gli altri Paesi va fatto considerando gli studenti attivi che frequentano le lezioni e danno esami. Infatti, in Italia un numero non indifferente di iscritti è poco motivato e non frequenta né procede negli studi. Se si tiene conto dei soli studenti attivi, gli atenei italiani dispongono di circa 16mila dollari pro-capite, il che colloca l’Italia ai primi posti nel mondo, preceduti solo da Stati Uniti, Svizzera e Svezia”.

QUAGLIARIELLO: La legge Gelmini è il primo passo di una riforma scolastica piu' ambiziosa

"Del quadro economico in un momento di crisi internazionale non si puo’ non tener conto. Ma una cosa deve essere chiara: pur in una situazione difficile, noi non siamo disposti a sottoporre a criteri di mera economicita’ il futuro dei nostri figli". Lo ha dichiarato Gaetano Quagliariello vicepresidente vicario del Pdl al Senato. "Se abbiamo proposto il maestro unico, il ritorno ai voti e il voto in condotta e’ perche’ siamo convinti che nella scuola debba tornare ad abitare un principio di autorita’ e di rispetto; che si debba arrestare quel processo di degradazione che sempre piu’ sovente sfocia in bullismo e offende i piu’ deboli e i piu’ indifesi. Si deve smettere di considerare il comparto istruzione come un grande parcheggio per masse mal pagate e ancor peggio considerate nella societa’. Il maestro deve tornare a suscitare quell’antico riconoscimento sociale che aveva quando era in grado di penetrare i cuori e le menti dei bambini, e deve avviarsi verso quel livello di retribuzione che meritano coloro cui affidiamo il compito di formare il cittadino del futuro.

A questo mira il nostro provvedimento, ed e’ questo il primo passo per una riforma ancora piu’ ambiziosa". In merito alle proteste degli studenti, il senatore del Pdl ha osservato: "Non e’ la prima volta che gli studenti si mobilitano contro il loro futuro e vengono resi massa di manovra, di interessi di elite corporative. Chiedo agli studenti che oggi protestano se sono sicuri di stare dalla parte della parte migliore; o se invece, con il loro atteggiamento, non stanno difendendo sprechi e inammissibili degenerazioni baronali. A loro dico: meritocrazia e’ sinonimo di democrazia. E questa chiarezza di linguaggio la dobbiamo a chi protesta, ma soprattutto a quei tanti giovani che sono la maggioranza silenziosa del paese, che pensano che per il loro futuro sia proficuo seguire i corsi, dare gli esami e magari esprimere fiducia nei meccanismi della democrazia rappresentativa. Questa maggioranza silenziosa non ha alle spalle i mass media e il clamore degli slogan di piazza, ma deve sapere che ha in questa maggioranza parlamentare orecchie attente e rappresentanti del popolo che impediranno che i loro diritti siano calpestati".

BERLUSCONI: Gli studenti che manifestano nelle piazze sono stati truffati dalla sinistra

"Bene, e’ andato come era logico che fosse. Gli studenti che stanno manifestando nelle piazze di Roma e nelle altre città sono stati presi in giro dalla sinistra. È una vera truffa alle loro spalle perche’ questo decreto riguarda la scuola primaria e le elementari, quei ragazzi non c’entrano e anche per l’universita’ nulla e’ stato deciso. Dispiace davvero vedere la capacita’ della sinistra di truffare i propri sostenitori e anche coloro che sostenitori non sono. Nel decreto non c’e’ nulla di cio’ che ho letto nei volantini". Così si espresso il premier Silvio Berlusconi, interpellato a margine dell’assemblea di Confcommercio che ha commentato l’approvazione del decreto legge Gelmini sulla scuola.

Sulle manifestazioni che si sono susseguite nei giorni scorsi proprio per protestare contro il dl Gelmini, Berlusconi ha spiegato: "C’e’ un diritto di manifestare ma non bisogna ostacolare chi vuole studiare. Siamo stati di manica larga in quanto non bisognerebbe manifestare impedendo il normale svolgimento del traffico". Il nostro premier ha poi ribadito di non aver mai detto di voler portare la polizia all’interno delle scuole. "Ho fatto solo un ragionamento articolato, ma e’ una lotta persa in partenza visto che i giornali hanno parlato di una mia retromarcia". Berlusconi e’ intervenuto poi in difesa del ministro della Pa e dell’innovazione, Renato Brunetta, contro cui "sono state detto cose oscene. Certe volte non posso credere che a sinistra abbiamo personaggi che possono dire certe cose".

giovedì 30 ottobre 2008

La riforma, dal maestro unico al voto in condotta

ROMA - Il maestro unico alle elementari, il ritorno dei voti in pagella, la valutazione della condotta nel giudizio finale sullo studente, l'aumento della durata dei libri di testo. Sono questi i punti salienti del decreto Gelmini, approvato oggi in via definitiva dal Senato, testo contestato duramente dagli studenti in questi giorni. Dopo essere stato presentato a fine agosto al consiglio dei ministri, il decreto ha avuto già il via libera dalla Camera a metà ottobre.

- MAESTRO UNICO: alle elementari, già dal prossimo anno scolastico, gradualmente (si comincia con le prime classi), ci sarà un solo docente. Il maestro unico sarà però affiancato dagli insegnanti di religione e di inglese. Per le ore di insegnamento aggiuntive rispetto all'orario d'obbligo di insegnamento, è previsto che si possa attingere, per l'anno 2009, dai bilanci dei singoli istituti scolastici.

- VOTO CONDOTTA: si introduce la valutazione della condotta ai fini del giudizio finale sullo studente.

- VOTI IN PAGELLA: Tornano i voti in decimi nelle elementari (dove però saranno accompagnati dai giudizi) e nelle medie. Torna il voto in decimi anche per l'esame di terza media (archiviando i giudizi - sufficiente, buono, distinto, ottimo - con i quali finora si concludeva il percorso di studi).

- LIBRI DI TESTO: i testi scolastici dovranno durare almeno cinque anni (salvo che per la pubblicazione di eventuali appendici di aggiornamento) evitando così continue riedizioni spesso inutili (soprattutto per alcune materie) e certamente onerose per le famiglie.

- SI INSEGNA LA COSTITUZIONE: Il decreto prevede la sperimentazione dell'insegnamento di educazione civica ("Cittadinanza e Costituzione").

- DOCENTI SISS: è stata introdotta una norma che salvaguarda le aspettative di alcune categorie di docenti, come, ad esempio, gli abilitati Siss (Scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario) del nono ciclo, attualmente esclusi dalle graduatorie a esaurimento.

- EDILIZIA SCOLASTICA: vengono destinate risorse (una cifra che dovrebbe aggirarsi intorno ai 20 milioni di euro) all'edilizia scolastica.


[ANSA]

GHIGO: La sinistra non vuole una scuola moderna

"Con l’approvazione del decreto Gelmini la scuola italiana potra’ finalmente diventare un modello per il resto d’Europa, caratterizzato dalla riduzione di spese inaccettabili che penalizzano non solo i bilanci dello Stato ma soprattutto l’efficienza, la competitivita’ del nostro sistema scolastico e il diritto allo studio". Lo ha affermato Enzo Ghigo, coordinatore regionale di Forza Italia/Pdl del Piemonte, al termine del voto in Senato che ha portato all’approvazione del provvedimento sulla scuola. "Stupisce la dura contestazione di questi giorni, fortemente strumentalizzata dai partiti della sinistra che non hanno avuto scrupoli nel coinvolgere capziosamente persino i bambini. E stupisce ancora di piu’, a dimostrazione delle violente strumentalizzazioni messe in atto, la protesta del mondo universitario a fronte di un provvedimento che non riguarda in alcun modo l’universita’ e la ricerca. E’ un dato di fatto che, con l’intervento del governo Berlusconi saranno valorizzati il tempo pieno, la sperimentazione e innovativi modelli di didattica attuando al tempo stesso necessarie razionalizzazioni di un meccanismo che faceva acqua da tutte le parti, in particolar modo sul fronte delle spese, o meglio, degli sprechi. Forse la sinistra in questi anni non si e’ resa conto che i costi del sistema scolastico, in Italia, sono aumentati del 30%? Che gli insegnanti, nel nostro Paese, sono circa 300mila in piu’ rispetto a Francia o Germania? O che il 97% del budget per la scuola svanisce per pagare gli stipendi del personale?".

Il ministro Prestigiacomo: l'Ilva emetteva diossina anche con il governo Prodi...

ROMA – Le emissioni dell’Ilva esistevano anche a livelli maggiori mentre governava Prodi. A difendere l'operato del Ministero dell’Ambiente sulla vicenda Ilva è il ministro Stefania Prestigiacomo che ha inviato una lettera aperta ad un quotidiano nazionale per sottolineare come «E' singolare che il caso scoppi adesso, quando è stato rilevato un abbassamento significativo delle emissioni confermato dall’Arpa Regionale».

E promette: «Conosciamo la complessità dei problemi e stiamo intervenendo per ridurre le emissioni nocive senza costringere alla chiusura». Dura la replica anche sulla sostituzione dei componenti della Commissione AIA. Il cambio – afferma – è dovuto a «una legge dello Stato che ha modificato la composizione dell’organismo che avrebbe dovuto occuparsi dei 200 maggiori impianti industriali italiani», ma, continua, «la commissione nominata dal governo Prodi ha emesso solo 4 pareri, tutti l’ultimo giorno in cui è stata in carica, lasciando un arretrato di 160 richieste».


La Prestigiacomo sottolinea poi che comunque la Commissione Aia «non ha bocciato l’Ilva, nè espresso pareri pro o anti diossina». Infine il ministro ricorda che sull'area di Taranto è stato firmato un accordo di programma che prevede, fra l'altro, un impianto per dimezzare le emissioni già autorizzato dal ministero e non ancora dal Comune. E conclude: «Vendola minaccia una legge regionale ad hoc? Ma perché non l’ha già fatta? Taranto è una vicenda troppo seria per essere oggetto di speculazioni politiche stagionali».


[La Gazzetta del Mezzogiorno]

mercoledì 29 ottobre 2008

Rocco Palese in polemica: «Vendola torna a vestire i panni del manifestante...»

BARI - «Man mano che si avvicina la fine della legislatura regionale e di quelle amministrative di Bari, non essendo stati in grado di governare, il Presidente Vendola, accompagnato da Divella ed Emiliano, torna a vestire i panni del manifestante e del contestatore no global scendendo nelle piazze e mettendosi alla testa dei cortei». È la contestazione del capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Rocco Palese nei confronti del presidente della Regione che stamani hja partecipato ad un corteo spontaneo degli studenti contro la riforma Gelmini.

«Lo ha fatto la settimana scorsa con i Sindacati – ha incalzato Palese – lo fa oggi con gli studenti, cavalcando una protesta strumentale, inutile e che anche in questo caso dovrebbe rivolgere prima a se stesso». Secondo l’esponente di Fi-Pdl «Vendola conferma la sua incapacità gestionale e il suo scarso rispetto per le Istituzioni quando, da Presidente della Regione, sfila dietro una bara con scritte offensive nei confronti di un ministro della Repubblica, dopo che la Regione Puglia, come riportato anche dalla stampa, ha disertato il confronto sulla scuola nelle sedi istituzionali governative. Peraltro – ha aggiunto – anche le pietre hanno capito che gli studenti universitari e quelli delle scuole superiori stanno scendendo in piazza senza alcun motivo, posto che il decreto Gelmini riforma solo la scuola elementare e che gli infinitesimali tagli all’Università erano invece inseriti nella manovra economica del Governo Berlusconi presentata a giungo e approvata ad agosto».


«E' ben strano – ha detto ancora Palese – che solo oggi gli studenti universitari (di sinistra) si siano svegliati. Questo dimostra la strumentalizzazione e la forma organizzata e niente affatto spontanea della protesta meditata a tavolino dalla sinistra. Una strada che non porterà lontano neanche Vendola, Divella ed Emiliano posto che persino i sondaggi di Repubblica – ha concluso – hanno rivelato che c'è una maggioranza silenziosa degli italiani che condivide la riforma e una minoranza rumorosa che la contesta.


[La Gazzetta del Mezzogiorno]

martedì 28 ottobre 2008

Controprotesta su Facebook: "Voglio studiare"

ROMA - Su Internet c'é chi protesta contro la protesta nelle università. Sulle pagine di Facebook sono apparsi commenti arrabbiati che denunciano l'impedimento ad esercitare il diritto allo studio. Una contro protesta che - secondo quanto si legge online - approderà questa settimana negli atenei in ordine sparso con volantinaggi e manifestazioni. In pochi giorni gruppi come "Io voglio studiare", "Occupate casa vostra", "Diciamo no al blocco delle lezioni", "Basta con le occupazioni" sono presi d'assalto su facebook da chi non vuole sospendere le lezioni, da chi è preoccupato a non riuscire a laurearsi in tempo e a dover pagare altre tasse. Ecco altri commenti: "E' un mio diritto continuare ad andare a scuola. Non condivido la protesta e non accetto che mi si imponga di non fare lezione"; "gli studenti italiani sono 9 milioni e sole poche migliaia protestano"; "credo sia un sopruso che pochi facinorosi impediscano agli studenti di seguire le lezioni". Ed ancora: "l'Università italiana fa schifo. Chi protesta vuole proteggere l'Università dei baroni". "La cosa più bella e vedere il nullafacente di 30 anni ultrafuoricorso......che protesta....ahahahahaha ma vai a studiare".

[ANSA]

lunedì 27 ottobre 2008

BERLUSCONI: Veltroni si rassegni: sono al 72 per cento di gradimento e governerò per cinque anni

"Sono al 72 per cento di gradimento e tutti i sondaggi ci danno una maggioranza ancora più grande" di quella ottenuta alle elezioni. Veltroni si rassegni, non sa perdere. Per cinque anni governeremo noi perchè ci ha dato mandato il Paese, con una grande maggioranza, e tutti i sondaggi ci danno una maggioranza ancora più forte per tutte le cose che abbiamo fatto in soli cinque mesi. Al 72 per cento di gradimento, ma cosa vogliono ancora? Continuino pure a sgambettare in televisione, a dire le solite insulsaggini, non faranno che perdere consenso anche da parte di coloro che prima stavano dalla loro parte".


Lo ha affermato Silvio Berlusconi che ha ribadito la volontà dell’esecutivo di approvare il decreto sulla scuola:
"Sul decreto Gelmini andiamo avanti, anche perche’ le critiche al decreto sono strumentali. Andiamo avanti a governare a fare le cose di buon senso che sono nel programma, qualunque cosa dica Veltroni o chiunque altro dell’opposizione. Hanno usato strumentalmente la scuola, pensate all’universita’ dove non abbiamo ancora fatto nulla e gia’ hanno mosso critiche e studenti nelle strade con strumentalizzazioni difficilmente definibili".


Il nostro presidente, alla domanda relativa al riavvicinamento tra il Pd e l’Italia dei Valori, ha risposto: "Spero di no" in quanto ritiene sbagliato recuperare un rapporto "con un uomo malvagio come Di Pietro che ha messo in galera 15 cittadini che poi non sono stati rinviati a giudizio. Rimettersi in alleanza con un uomo che sbraita in modo cosi’ forsennato, va a disdoro di chiunque lo facesse".

Gelmini: protesta di pochi, mio modello e' Obama

ROMA - Secondo il ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini, "coloro che protestano" contro il suo decreto sulla scuola, sono "alcune migliaia" mentre "gli studenti in Italia sono 9 milioni" e "le facoltà occupate sono pochissime". Il ministro ne parla in una intervista al 'Corriere della Sera'' in cui aggiunge che, sulla scuola, il suo modello è Barack Obama: "sta proponendo per la scuola americana provvedimenti simili ai nostri, penso soprattutto agli incentivi al merito per gli insegnanti". Secondo Gelmini, Obama è "un vero, coraggioso riformatore: non certo il leader del Pd" su cui afferma: "Speravo che Veltroni si ispirasse a Tony Blair ma parla come un Cobas". La titolare dell'Istruzione attacca inoltre la sinistra: "Ha perso totalmente il rapporto con chi lavora e ora lo sta perdendo anche con gli studenti" e aggiunge: "Sono cinque mesi che si parla di scuola e il Pd non ha fatto una proposta che fosse una". In merito alle classi ponte, Gelmini precisa che saranno fatte classi separate ma "solo corsi di italiano per chi non lo parla. Infine non preoccuipa il ministro lo sciopero del 30: "il solito vecchio rito di chi difende l'indifendibile".

[ANSA]

domenica 26 ottobre 2008

Le bugie della sinistra

Scuola e università. Tutte le bugie della sinistra

TEMPO PIENO
Con l’introduzione del maestro unico e l’eliminazione delle compresenze si libereranno più maestri per aumentare il tempo pieno
In 5 anni ci saranno 5.750 classi in più con il tempo pieno.
Con la media di 21 alunni per classe, in cinque anni 82.950 alunni in più avranno il tempo pieno.
La sinistra dice che nelle scuole elementari verrà abolito o diminuito il tempo pieno. E’ assolutamente falso.
- E’ vero invece che con il maestro prevalente e l’eliminazione delle compresenze (cioè due insegnanti per una stessa ora di lezione) ci saranno più maestri per aumentare il tempo pieno.
- Già dal 2009-2010, 49.350 ragazzi in più usufruiranno del tempo pieno.
- In cinque anni 3.950 classi avranno il tempo pieno.

NUMERO DEGLI ALUNNI
Dice la sinistra: gli alunni saranno 30 per classe. Assolutamente falso
Gli alunni saranno in media 18 per classe e potranno arrivare al massimo a 26 per classe.

MAESTRO UNICO
La sinistra afferma che con il maestro prevalente non sarà più approfondito l’inglese e diminuirà la qualità dell’insegnamento.
- Invece la realtà è che al maestro prevalente saranno affiancati un insegnante di inglese e uno di religione.
- E per di più occorre osservare che in tutti i Paesi d’Europa esiste il maestro prevalente.
- L’anomalia dei tre maestri è solo italiana.
- E quando fu introdotta, la sinistra si schierò con la stessa veemenza di oggi per impedire la riforma dei tre insegnanti.

INGLESE
Lo studio delle lingue alle elementari non subisce alcuna variazione

RAZIONALIZZAZIONE DEL PERSONALE
Verranno licenziati 87.000 insegnanti: falso!
- Non ci sarà nessun licenziamento. Si razionalizza il numero degli insegnanti rispetto al fabbisogno, non assumendone ulteriori.
- E’ vero invece che in Italia c’è un docente ogni 9 alunni, in Europa uno ogni 13.
- E’ vero anche che in Italia nella scuola ci sono 1 milione e 350.000 dipendenti e sono troppi.

INSEGNANTI DI SOSTEGNO
La sinistra afferma che diminuiscono gli insegnanti per i diversamente abili.
Al contrario, la realtà è che gli insegnanti di sostegno sono oggi 93.000 e rimarranno 93.000 anche in futuro.

SCUOLE DI MONTAGNA
La sinistra dice che chiuderanno le scuole di montagna: falso!
- Perché nessuna scuola sarà chiusa. Sarà invece unificato il personale amministrativo con un unico preside e un unico segretario per due scuole vicine (come previsto precedentemente dal governo di centrosinistra)

VOTO DI CONDOTTA
La sinistra dice che si viene bocciati con il 7 in condotta: falso.
- Vero: solo in casi assolutamente gravi (come il teppismo, il bullismo, la violenza all’interno della stessa scuola) si può essere bocciati con il 5 in condotta, ma perché questo possa essere possibile ci dovrà essere il consenso e il via libera del consiglio di istituto e di quello di classe.

L’UNIVERSITA’ ITALIANA:
- L’università italiana produce meno laureati del Cile
- Non c’è un’università italiana tra le migliori 150 del mondo
- Ci sono 37 corsi di laurea con 1 solo studente
- 327 facoltà non superano i 15 iscritti
- Ci sono 5 università importanti con buchi di bilancio enormi (e sono i luoghi dove si protesta maggiormente) che avrebbero portato, se fossero state aziende, al licenziamento in tronco di chi le ha gestite per tanti anni
- Si sono moltiplicate cattedre e posti per professori senza tener conto delle reali esigenze dei ragazzi, aumentando la spesa in maniera inaccettabile
- 94 università più 320 sedi distaccate in posti non strategici
- In Italia abbiamo 5500 corsi di laurea, in Europa la metà
- 170.000 materie insegnate rispetto alle 90.000 della media europea
- Nel 2001 i corsi di laurea erano 2444, oggi 5500
- Negli ultimi 7 anni sono stati banditi concorsi per 13.232 posti da associato ma i promossi sono stati 26.000. Nel 99,3% dei casi sono stati promossi senza posti disponibili facendo aumentare i costi di 300 milioni di euro
- I ragazzi sono sottoposti ad un carico di ore di lezione triplo rispetto alla media europea per trovare giustificazione a corsi fatti solo per dare cattedre

NESSUNA TRASPARENZA NEI BILANCI
La sinistra non dice che l’università italiana è ridotta malissimo e non c’è trasparenza nei bilanci
- Il Governo al contrario vuole conoscere tutti i bilanci delle università e avviare controlli in 5 di queste con buchi in bilancio (Siena, Firenze, Pisa, Camerino, Urbino).
- I bilanci devono essere comprensibili e pubblicati su internet

UNA PROTESTA SOLO POLITICA
- La protesta di questi ultimi giorni è una protesta politica che ha come obiettivo la lotta al governo Berlusconi, con la regia della sinistra e dei centri sociali
- Gli universitari bruciano in piazza un decreto che riguarda la scuola e non c’entra niente con l’università
- Tanto spazio mediatico a proteste che coinvolgono qualche migliaio di persone. Nessuno parla delle decine di migliaia di ragazzi che continuano a studiare a casa e a frequentare i corsi.

sabato 25 ottobre 2008

Berlusconi: Pd in piazza mentre dovremmo essere uniti

PECHINO - "Un'opposizione che vuole fare qualcosa per il Paese avrebbe dovuto unirsi a noi, votare provvedimenti per l'utilità comune. Ma questo non è possibile. Si illustrano da soli, scendono in piazza ora che dovremmo essere uniti. Io invidio i socialdemocratici di altri paesi, mentre i nostri questi sono e con questi dobbiamo fare i conti". E' quanto afferma il premier Silvio Berlusconi lasciando Pechino e commentando la manifestazione promossa dal Pd a Roma.

''Nessuna preoccupazione. Sono contento che non piova, cosi' non possono dire 'piove, governo ladro'. I leader della sinistra hanno garantito che sara' una manifestazione serena, diamogli credito. Ma non ci sara' nessun cambiamento nell'azione di governo e della maggioranza perche' questa e' una manifestazione per uso interno alla sinistra. Interna corporis, per le loro divisioni e per marciare contro il governo''.

''Andiamo avanti con la nostra disinformazione quotidiana. Per manifestare contro il governo all'ultimo momento si sono aggrappati alla scuola. Ma a dimostrare che si tratta di opportunismo politico e di strumentalita' c'e' di fatto che la sinistra, con in testa l''Unita'' e 'Repubblica', fece una guerra al governo contro il passaggio agli insegnanti plurimi nelle classi, oggi fa la stessa cosa per il ritorno al maestro unico''.
''Quanto all'universita' - continua Berlusconi - non si capisce come facciano a protestare se non abbiamo ancora detto 'bah'. Le universita' sono piene, i professori tengono le lezioni e gli alunni le ascoltano mentre certe trasmissioni tv riprendono artatamente manifestazioni e fanno sembrare molti di piu' quelli che sono contro''.
Sulla scuola ha concluso ''hanno raccontato ad 'Annozero', menzogne incredibili, falsita' ideologiche''.
''E' veramente una cosa indegna dire che io abbia fatto retromarce. E' vera disinformazione sostenere che io dico una cosa e che poi cambio opinione. E' un falso assoluto dire che io abbia parlato di polizia nelle scuole, ed e' un altro falso ancora piu' indegno dire che io faccio marcia indietro. Se c'e' uno coerente - prosegue il premier - quello sono io. Leggete i miei libri, non ho mai cambiato una riga su niente dal '94 in poi. Considero intelligente chi sa cambiare opinione quando cambia la situazione. Ma la situazione non e' mai cambiata''.

Ai leader del centrosinistra, che ricordano a Berlusconi di essere sceso in piazza il 2 dicembre 2006 nella manifestazione contro il governo di piazza San Giovanni, il premier ribatte: ''Noi andammo sulla piazza per la prima ed unica volta, perche' eravamo disperati, perche' nessuno ci stava ad ascoltare, per dire al governo che era insostenibile la pressione fiscale e per chiedere che fossero ricontate le schede elettorali convinti come eravamo e come lo siamo che ci avessero sottratto la vittoria''. ''Non c'era allora nessuna divisione dei poteri - aggiunge - io come leader dell'opposizione non sapevo a chi rivolgermi, tutte le istituzioni erano dalla loro parte. Comunque per noi quella fu una manifestazione serena e spero lo sia anche per loro, e proprio quella volta nacque il Pdl''.

GELMINI AGLI STUDENTI: Per l'istruzione si spende male, non si spende poco

Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha convocato le associazioni degli studenti per un confronto sulla riforma della scuola e dopo alcuni incontri ha fatto il punto con una nota. "Ho chiesto ai ragazzi se la scuola e l’università così come sono li soddisfino. Un’università ed una scuola che non preparano al lavoro e che non consentono loro di farsi un futuro. Non è vero che in Italia si spenda poco per l’istruzione, anzi siamo tra i primi d’Europa. Il problema è che si spende male. L’università italiana produca meno laureati del Cile, abbiamo ci siano 94 università, più 320 sedi distaccate nei posti più disparati, ci siano 37 corsi di laurea con 1 solo studente, 327 facoltà non superino i 15 iscritti, negli ultimi 7 anni siano stati banditi concorsi per 13.232 posti da associato ma i promossi siano stati 26mila e nel 99,3% dei casi sono stati promossi senza che ci fossero i posti disponibili facendo aumentare i costi di 300 milioni di euro, ci siano 5 università importanti con buchi di bilancio enormi (e sono i luoghi dove si protesta maggiormente) che avrebbero portato, se fossero state aziende, al licenziamento in tronco di chi le ha gestite per tanti anni.

E’ inaccettabile che si siano moltiplicate cattedre e posti per professori senza tener conto delle reali esigenze didattiche dei ragazzi, aumentando la spesa per l’università in maniera inaccettabile, non ci sia un’università italiana che figuri tra le migliori 150 del mondo, ci siano 5500 corsi di laurea, mentre in Europa ne troviamo la metà, siano insegnate 170.000 materie rispetto alle 90.000 della media europea, nel 2001 i corsi di laurea fossero 2444, oggi 5500 e infine che i ragazzi siano sottoposti ad un carico di ore di lezione triplo rispetto alla media europea per trovare giustificazione a corsi fatti solo per dare cattedre.”


DOCUMENTI: Gli sperperi degli Atenei

Nel 2006, ben 19 Atenei (su 66) spendevano più del 90 per cento del finanziamento statale in stipendi. Nel 2007 sono diventati 27. Sulla base di questa tendenza, nel 2008 il numero degli Atenei con bilanci in dissesto è destinato ad aumentare. La crisi finanziaria delle Università, documentata nel Libro Verde predisposto dalla Commissione tecnica per la finanza pubblica, si è consumata drammaticamente dal 2000 ad oggi. Ma non è stata provocata dai provvedimenti presi dal Governo e approvati dal Parlamento con la Legge 133/2008. Il dissesto finanziario scandaloso (durato 9 anni) è stato determinato dai rettori e dalle maestranze degli Atenei che hanno partecipato (non senza lotte intestine) al saccheggio dei bilanci senza mai mostrare segni di ravvedimento. Mai una protesta. Mai una denuncia. Mai una manifestazione contro lo sfascio che ora abbiamo sotto i nostri occhi.

Nel contesto di una cura dimagrante che il Governo in carica ha doverosamente imposto alla spesa pubblica, l’Università è incappata in un taglio del 10 per cento dei fondi trasferiti dal Governo agli Atenei. Una contrazione molto severa ma inevitabile, che si abbatte su una situazione finanziaria critica. Fa riflettere l’irresponsabilità di tanti baroni responsabili dello sfascio che appoggiano la protesta degli studenti solo per difendere i propri privilegi.

Un documento presentato da un docente dell’Università di Roma è una summa di disinformazione, ma ha raccolto più di duemila adesioni, e questo è un dato preoccupante. A Firenze, il Consiglio di Facoltà di Scienze Politiche ne ha stilato un altro in cui si afferma che “la conoscenza è un bene comune” e che “l’istituzione universitaria deve essere considerata anch’essa un bene comune”: dichiarazione largamente condivisibile. Però, poi si denuncia che “i tagli indiscriminati rappresentano un’implicita denuncia di assenza di strategia”; un’affermazione inesatta perché con l’autonomia concessa da Luigi Berlinguer la strategia è disegnata a livello di Ateneo e non dal ministro dell’Economia.

L’assenza di strategia, dunque, va cercata ai vertici degli Atenei, e non a Palazzo Chigi. Poi arriva la denuncia: “Se inoltre i provvedimenti messi in essere dal Governo hanno anche la finalità di sanzionare una gestione degli Atenei” allora si miri “ad individuare quegli Atenei nei quali ciò si è verificato ed eventualmente procedere con misure eccezionali e radicali sui singoli casi”. In questo passo si riconosce l’esistenza del dissesto finanziario e si ammette allo stesso tempo che il colpevole c’è, e che qualcuno provveda a scoprirlo. La cosa stupefacente è la sede in cui è stato approvato questo documento. Si tratta di uno dei Consigli di Facoltà dove si è proceduto allegramente – come denunciato dalla Commissione tecnica per la finanza pubblica – “all’uso disinvolto …dell’autonomia universitaria, in particolare nei riguardi del reclutamento e della promozione del personale docente”. Che i corresponsabili del dissesto finanziario lancino accuse contro ignoti la dice lunga sulla affidabilità di questi ‘lavoratori della conoscenza’. La situazione è, comunque, seria. Non c’è alcun dubbio sulla necessità di soccorrere gli Atenei attualmente soffocati da situazioni di bilancio insostenibili. Ma quando si potranno di nuovo aprire i cordoni della borsa, si dovrà saper distinguere l’istituzione – che va tutelata – dai dirigenti che l’hanno finanziariamente massacrata.

venerdì 24 ottobre 2008

SCUOLA E UNIVERSITA': Tutte le bugie della sinistra


La scuola si conferma il terreno scelto dalla sinistra per attaccare il governo Berlusconi, l’ultima spiaggia per cercare di mettere in difficoltà chi sta bene governando.
La loro tattica rimane la solita: spacciare falsità a ripetizione, obbligando noi e il governo a cercare di smentirle: occupare le scuole e cercare di allargare la protesta portando oltre la legalità le iniziative di protesta, allo scopo di cercare l’attenzione dei media e di provocare ulteriore confusione. Da ultimo rifugiarsi nel vittimismo se Berlusconi dichiara di voler tutelare la libertà di quanti vogliono continuare a studiare e a lavorare in pace oppure se i carabinieri respingono una manifestazione non autorizzata prima che blocchi una stazione ferroviaria, come avvenuto due giorni fa a Milano. Politicizzazione, falsità, vittimismo: la tattica della sinistra non cambia mai. E’ necessario reagire, con la forza della verità. Per questo mettiamo a tua disposizione
le slide con i dati presentati nella conferenza stampa di mercoledì 23 ottobre dal presidente Berlusconi e dal ministro Gelmini.

giovedì 23 ottobre 2008

I FATTI DEL BUONGOVERNO: Quanto ci costerebbe il pacchetto-clima

Il vertice sul clima di Lussemburgo mirava a fissare entro dicembre l’avvio di un pacchetto di misure sul clima per dare attuazione da parte europea al protocollo di Kyoto, firmato da 141 nazioni nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005. Questo pacchetto, che va oltre il Protocollo stesso, prevede un taglio del 20% delle emissioni inquinanti, il 20% in più di efficienza energetica, il 20% in più di energia ricavata da fonti rinnovabili. Il tutto entro il 2020.

Quanto costerebbe all’Italia
Secondo il nostro governo tra i 18 ed i 25 miliardi di euro l’anno, in media più dell’1,5% del Pil. Secondo l’Unione europea tra 9,5 e 12,3 miliardi di euro l’anno.

Che cosa ha chiesto il governo
Non di abbandonare la battaglia contro l’inquinamento (nella quale, come vedremo, abbiamo la coscienza più pulita di altri), ma di considerare due fattori: l’impatto che i nuovi oneri avrebbero in un momento di recessione industriale; ed il meccanismo di calcolo dell’inquinamento per ogni singola nazione e dei relativi costi, visto che le nostre cifre e quelle di Bruxelles non coincidono.

Che cosa ha risposto l’Unione europea
Un tavolo tecnico riesaminerà i costi per paese mentre il calendario delle date per la riduzione dei gas resta per ora confermato. Su questo argomento ogni paese ha diritto di veto. I paesi dell’Est, con l’eccezione della Slovenia che tradizionalmente segue la Germania, si sono schierati con l’Italia; la Francia di Sarkozy, presidente di turno dell’Ue, ha adottato un atteggiamento flessibile per arrivare ad un accordo ragionevole entro fine anno.

Che cos’è il Protocollo di Kyoto
Si tratta di un accordo internazionale per ridurre tra il 2008 e il 2012 i gas serra del 5,2% a livello mondiale. L’Ue nel suo complesso si è impegnata in media per una riduzione dell’8%, l’Italia accettò il 6,5. Al protocollo però non aderiscono gli Usa; Cina ed India, pur avendo firmato, sono esonerate dagli obblighi di riduzione dell’inquinamento; Canada e Giappone si oppongono ad assumere impegni precisi. Come si vede il Protocollo stesso appare una gigantesca ipocrisia. Altro che isolamento dell’Italia.

Che cosa dicono gli esperti
Franco Prodi, direttore dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera del Cnr di Bologna, fratello dell’ex premier Romano, è stato il primo a rompere il muro di conformismo finto-ambientalista. “Non è l’Italia, è l’Unione europea ad essere isolata nel mondo” afferma. “Il Protocollo va riscritto altrimenti l’intera industria, che non riuscirà a sopportarne i costi, andrà in crisi e sposterà la produzione nei paesi più inquinanti. Il che provocherà un aumento, non una riduzione dell’inquinamento”. Cosa che del resto fa già la Germania, virtuosa in Europa ma non in Russia o in Cina. Non solo. Franco Prodi considera il Protocollo “puramente dimostrativo. L’Europa taglierebbe i gas serra imponendo sacrifici all’industria e alla popolazione; dall’altro capo del mondo Cina e India continuano a crescere adottando i peggiori modelli di sviluppo inquinante. Non va. Bisogna ristudiare da capo a fondo le politiche ambientali, con azioni concordi, senza compromettere lo sviluppo e con il coinvolgimento della popolazione”. Il fratello di Romano Prodi contesta anche le stime sul riscaldamento del pianeta: “Quando vedo una previsione per fine secolo tra un minimo di aumento di un grado e un massimo di sette dico che una forbice così ampia non è seria”.

Perché l’Italia è penalizzata
Anche in questo caso la fonte non è sospetta: si tratta degli Amici della Terra, associazione legata i radicali. “Le misure del piano Ue sono poco trasparenti e colpiscono ingiustamente l’Italia” dice Rosa Filippini, presidente dell’associazione. Di che si tratta in particolare? Delle emissioni di anidride carbonica, responsabile dell’effetto serra, misurate per abitante. Con questo metodo di calcolo, giudicato più attendibile rispetto ai dati ufficiali di Bruxelles, si scopre che l’Italia produce 9,7 “tonnellate equivalenti” (lo standard per misurare l’inquinamento) di Co2 per persona, la Germania 12,2; la Gran Bretagna 9,9. La Francia è appena sotto l’Italia, ma grazie al ricorso massiccio all’energia nucleare. Non solo. La Germania, anche secondo i calcoli più prudenti, avrebbe un costo annuo per la “pulizia” dallo 0,49 allo 0,56 del Pil. L’Italia starebbe nella forbice più alta d’Europa, dallo 0,51 allo 0,66. Come mai? “Perché” spiega Carlo Stagnaro, direttore della ricerca dell’Istituto Bruno Leoni “l’Italia negli anni 90 si convertì al gas abbandonando progressivamente il carbone. La Germania disse invece che doveva sostenere il peso dell’unificazione con la Ddr, le cui industrie erano super-inquinanti. Ma siccome i tagli all’inquinamento si misurano in percentuale di anno in anno, l’Italia che è stata più virtuosa deve affrontare sacrifici maggiori della Germania. È come chiedere di mangiare meno a chi è già a dieta”.

Il problema delle auto
È ancora un altro fratello di Prodi, Vittorio, fisico ed eurodeputato dei liberaldemocratici, a svelare gli altarini: “Francia e Italia producono auto più piccole e meno inquinanti. La Germania produce grandi cilindrate che inquinano di più. Ma l’Ue, su pressione tedesca, vuol far passare il principio che i costi dell’abbattimento dell’inquinamento sulle automobili vanno divisi per il peso dei veicoli. Insomma, chi già inquina meno paga di più”.

Il capitolo nucleare
Infine c’è il problema dell’energia importata dall’Italia dalle centrali nucleari oltralpe. Si tratta ormai del 40% del nostro fabbisogno, ma questa energia non inquinante non viene conteggiato nei parametri Ue, che misurano il luogo di produzione non quello di utilizzo. Il governo ha approntato un piano per rilanciare nei prossimi anni le centrali nucleari in Italia. Ma questi progetti sono avversati dalla sinistra.

I fatti e gli slogan
Anzi, da quella parte della sinistra che continua a preferire gli slogan ai fatti. Smentita dagli ambientalisti seri. Afferma ancora Rosa Filippini: “Abbiamo le auto, vecchie e nuove, con i consumi al chilometro più bassi del mondo. Siamo il primo paese al mondo per il rendimento delle centrali termoelettriche, con un’efficienza superiore del 17% rispetto alla Germania. Perché il governo non dovrebbe far valere queste cose?”. Ma Veltroni e chi per lui continuano a parlare di “Italia isolata dall’Europa”, di “governo che ancora una volta non fa una bella figura sull’ambiente”. Perché non si informa? E soprattutto: perché non difende gli interessi del Paese (e dell’ambiente)?

BERLUSCONI: Informatemi su come si comportano le banche

"Annuncio qui la nostra volonta’ di invitarvi a palazzo Chigi, la settimana successiva, insieme alle banche, all’Abi per discutere quali possano essere le misure da adottare da parte del governo per far fronte alla stretta creditizia dovuta alla crisi dei mercati. Dobbiamo evitare che la crisi finanziaria diventi crisi dell’economia reale. La preoccupazione maggiore e’ che le banche continuino a fare le banche continuando nell’indispensabile azione a sostegno delle imprese e dei consumi. Nel rapporto fra governo e imprenditori noi dobbiamo veramente collaborare e la domanda e’ come si stanno comportando le banche con voi ed e’ importante che da voi ci vengano delle informazioni puntuali in merito.” Lo ha affermato il premier Silvio Berlusconi, rivolgendosi all’assemblea dell’Unione industriali di Napoli.

martedì 21 ottobre 2008

Prove tecniche di “movida”

MASSAFRA- Il corso trasformato in isola pedonale nelle ore serali? D’accordo, ma prima stabiliamo regole e garantiamo i servizi necessari a non svilire la finalità dell’iniziativa. Così Confcommercio nell’ultimo confronto con il Comune. Giovedì scorso organizzazioni del commercio e amministrazione comunale si sono messi a tavolino per organizzare l’imminente trasformazione di corso Roma in isola pedonale. Ma prima che il centro torni ad essere interdetto al traffico veicolare per trasformarsi, la sera, in isola pedonale, occorrono “interventi finalizzati a garantire la viabilità e l’accesso dei veicoli al centro urbano massafrese”. “Le due iniziative - hanno detto i dirigenti di Confcommercio - dovranno viaggiare all’unisono, onde evitare che la pedonalizzazione di corso Roma nelle ore serali si trasformi in una ghettizzazione del centro”.


Si può riassumere in tre punti la proposta di Confcommercio che chiede più parcheggi, con l’estensione delle strisce blu, l’apertura al traffico delle traverse del corso e il rispetto degli orari di entrata in vigore dell’isola pedonale. Proprio sulla fascia oraria di inizio di fine isola l’associazione si è riservata di recepire gli orientamenti del comitato di via prima di esprimere un parere. Comunque, gli orari dovranno essere indicati in modo preciso. Insomma organizzarsi per tempo, evidentemente per evitare di ricalcare esperienze che, in fatto di movida, si sono concluse in un sonoro flop.
Anna Fornaro [Taranto Sera]

lunedì 20 ottobre 2008

CLIMA: BERLUSCONI, ITALIA NON ISOLATA, ALTRI 9 CON NOI

ROMA - L'Italia non si e' avviata in solitaria a chiedere piu' tempo per l'applicazione del pacchetto sul clima. Alla vigilia del Consiglio dei ministri dell'ambiente Ue, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi torna in campo, dopo le polemiche di questi giorni, per difendere la posizione italiana, condivisa, sottolinea, ''da altri nove stati''. E accanto alla richiesta del governo di sospendere l'applicazione delle misure anti-inquinamento per almeno un anno al fine di verificarne i costi, domani in Lussemburgo l'Italia chiedera' anche, come annuncia il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, di ''rinegoziare il protocollo di Kyoto''.


Piu' tempo, dice il premier, e' necessario per ''approfondire il tema dei costi per la riduzione dell'anidride carbonica'', posizione che ''e' stata condivisa da altri 9 Stati''. Non c'e' quindi ''nessun isolamento dell'Italia in Europa'', come scrivono ''alcuni quotidiani. Non e' assolutamente vero'', ribadisce il Cavaliere, sottolineando che l'intento dell'Italia e' di fare in modo che ''i costi vengano sostenuti in modo eguale da ciascun cittadino europeo. Altrimenti, a pagare di piu' sarebbero i Paesi manifatturieri''. E il polverone che si e' sollevato in questi giorni, altro non e' che il ''costume deteriore dell'opposizione'', abituata ''a fare polemica anche contro il proprio Paese''.


E domani l'Italia non solo ribadira' la sua proposta di adottare il pacchetto europeo a dicembre, con l'inserimento di una clausola di revisione, che consenta di riesaminarlo alla luce della valutazione di impatto da effettuare nel 2009, ma chiedera' anche di ridiscutere i termini del protocollo di Kyoto, su cui, sostiene Matteoli, ''c'e' molta timidezza, perche' si ha paura di essere accusati di non voler salvaguardare l'ambiente''.


Il ministro, che e' stato titolare dell'Ambiente nel 2001-2006, e' sicuro che sul 2009 ''si trovera' un'intesa'', ma il problema vero sara' ''la scadenza del 2012. E' li' che noi dovremo lavorare - spiega - per far si' che il 2012 sia piu' sereno perche' altrimenti le nostre imprese allora saranno ancora piu' penalizzate''.


Silvia Gasparetto [ANSA]

BERLUSCONI: Sul clima l'Italia non è isolata. Con noi altri nove Paesi

"La richiesta italiana di avere piu’ tempo per approfondire il tema dei costi per la riduzione dell’anidride carbonica e’ stata condivisa da altri 9 stati. Non c’e’ quindi nessun isolamento dell’Italia in Europa, ma solo la continuazione di un costume deteriore dell’opposizione e cioe’ quello di fare polemiche anche contro il proprio Paese."


Leggo su alcuni quotidiani - continua Berlusconi - che l’Italia si troverebbe isolata in Europa per quanto riguarda la vicenda del clima. Non e’ assolutamente vero, l’Italia ha richiesto che i costi della riduzione delle emissioni di anidride carbonica vengano sostenuti in modo eguale da ciascun cittadino europeo. Altrimenti, i costi stessi sarebbero piu’ pesanti per i Paesi manifatturieri. La richiesta italiana di piu’ tempo per approfondire il tema dei costi e’ stata condivisa da altri nove Stati. Non c’e’ dunque alcun isolamento del nostro Paese mentre si manifesta la continuazione di un costume deteriore dell’opposizione, e cioe’ quello di fare polemiche contro il proprio Paese". Lo ha affermato il presidente Berlusconi a proposito delle polemiche circa la posizione del governo italiano sul pacchetto clima.

sabato 18 ottobre 2008

Tamburrano e l'Ato: "Se ci sono colpe sono addebitabili a Provincia e Regione"

Tariffa, debiti e inadempienze. Il presidente rispolvera la differenziata: «Se cresce, si risparmia»

MASSAFRA – Martino Tamburrano, che oltre ad essere sindaco di Massafra è presidente dell’Ato Ta/1, interviene sulla questione rifiuti, parlando della tariffa, degli inadempimenti passati, delle sentenze e della raccolta rifiuti che ancora non parte, concludendo con quello che si vedrà in futuro. “Il chiarimento è opportuno – afferma – per arricchire meglio la conoscenza del problema da parte di tutti i cittadini”.


Il primo punto che intende chiarire è quello della sentenza del Consiglio di Stato, che ha riportato la tariffa alla quota originaria, quella fissata in 83,73 euro a tonnellata: “Una sentenza che nasce da una inadempienza passata dell’Ato – dice – che aveva il dovere di preparare la tariffa e approvarla. Non avendo compiuto questo adempimento toccò ad un commissario ad acta stabilire alcune cose – stabilì le 83,73 euro a tonnellata di tariffa – più volte impugnate dai Comuni, sino ad arrivare a quella sentenza che ha prodotti quegli effetti di cui oggi si parla”.

Il presidente dell’Ato Ta/1 punta il dito, a questo punto, verso Provincia e Regione, rei di non aver concretizzato i piani dei rifiuti: “Non ci sono responsabilità dirette di qualcuno – continua –, semmai degli addebiti ci sono da fare, appartengono a mancate approvazioni di piani provinciali e regionali dei rifiuti, che né la Provincia né la Regione hanno adottato in questi anni”. Altro punto da chiarire: la tariffa più bassa, rispetto a quella pagata dal bacino Ato 1, dell’Ato Ta/3: “In quell’Ato – spiega Tamburrano – troviamo una tariffa più bassa perché non possiedono il ciclo ottimale dei rifiuti. Loro stoccano presso i loro piazzali delle ecoballe che devono conferire presso di noi. Tra noi e l’Ato Ta/3 arrivammo ad un’intesa, che prevedeva che all’arrivo di quelle eco balle qui da noi la tariffa si sarebbe abbassata di oltre 10 euro, ma questo non è stato ancora fatto”.

Si arriva così a quello che si sta facendo in questi giorni, al lavoro che si sta portando avanti per ‘mettere a posto’ la situazione: “Stiamo dando avvio ad avvisi pubblici per intercettare dei tecnici che rifacciano la tariffa alla luce delle nuove norme e delle nuove esigenze”, e sulle paure causate dalle voci di possibili dissesti in tutti i Comuni del bacino Taranto 1 afferma: “Per evitare che questo accada, il sottoscritto con il prefetto ha fatto sì che i debiti con la Cisa venissero diluiti in tre anni, abbattendo gli interessi e dando la possibilità ai Comuni di organizzare i propri Bilanci. Un’operazione che non ricade sulle casse comunali, perché ogni Comune si organizza le tasse a seconda delle proprie esigenze e delle richieste della propria città”.

Altro argomento, altro chiarimento, questa volta sulla differenziata: “Stiamo avviando la gara per la raccolta differenziata, non è una gara che sostituisce qualcosa in corso, ma arricchisce di beni strumentali e di personale ogni Comune, affinchè si educhino i cittadini a fare la raccolta differenziata ed in questa maniera poter conferire meno rifiuti e pagare meno tasse. In pratica più riciclo uguale meno tassa”. Non finisce qui. L’Ato Ta/1, assieme ad altre Ato della Regione Puglia, spinge l’ente regionale “a stabilire la proprietà degli impianti, ad arricchire il territorio di ulteriori infrastrutture che trattino al meglio i nostri rifiuti, sempre con l’intento di abbattere la tariffa”. Infine, l’invito: “C’è la necessità di informare correttamente i nostri cittadini e tenere pulite le nostre città considerando il rifiuto una risorsa”.

Graziano Fonsino [Corriere del Giorno]

Lardiello: "A chiedere scusa doveva essere la Wertmuller"

«Ciò che è successo in questi giorni a Taranto assomiglia molto ad una vera e propria speculazione, ancora una volta sulla pelle dei tarantini». È questa l 'accusa mossa da Mimmo Lardiello, vice coordinatore regionale dei Giovani Fi/Pdl, in relazione all’episodio che ha visto coinvolta la troupe cinematografica impegnata nelle riprese del film di Lina Wertmuller “Mannaggia alla miseria” .

«Oltre alle rituali manifestazioni di solidarietà, appaiono inevitabili - spiega Lardiello -talune considerazioni in merito a ciò che tale episodio ha scatenato a livello di impatto mediatico e di ricaduta pessima sull’immagine della città. Come già dichiarato dal Consigliere Regionale, Gianfranco Chiarelli, appaiono se non altro insolite le modalità con le quali la regista ha deciso, di punto in bianco, di andar via. Vi è senza dubbio la consapevolezza che l’essere raggiunti da minacce o richieste estorsive comporta uno stato di disagio e ansia. Ma vi è altrettanta consapevolezza che, senza dubbio, le forze dell’ordine hanno garantito, subito dopo la denuncia dei fatti, la massima sicurezza per il prosieguo dei lavori. In tal senso è assolutamente da censurare - spiega Lardiello - l'iniziativa di una associazione culturale di Taranto, che ha inteso acquistare delle inserzioni su alcuni quotidiani per inserire a caratteri cubitali la scritta “Scusaci Lina”. Ma scusaci di che? Se c'è qualcuno che si deve scusare è proprio la Wertmuller, che con il suo modo di fare e il suo “antcipato” spostamento a Brindisi, per l'effettuazione delle riprese, ha cagionato un danno d’immagine incalcolabile all’intera città. Ciò perché - conclude Lardiello – in nessun posto né d’Italia nè del mondo le colpe di alcuni soggetti, che decidono di chiedere del denaro con metodi estorsivi, vengono attribuite ad una città intera».


D' altro canto, sulla vicenda Wertmuller, il consigliere comunale del Pdl Eugenio Introcaso dichiara che «è una brutta, bruttissima storia per l’ immagine della città, ed è una vera e propria bocciatura per i suoi vertici istituzionali, che non hanno compreso l’importanza della presenza della regista, la quale andava accolta certamente in maniera diversa. Ed il tutto avveniva mentre il sindaco Stefàno e la sua maggioranza continuano nella lunga vertenza con i vigili urbani del capoluogo. Insomma questa - conclude l'ex questore - è una pagina davvero da dimenticare che dovrebbe far riflettere, a tutti i livelli, quanti hanno a cuore le sorti di questa città».


In risposta a chi se ne va e scappa dalla nostra città, ovvero alla troupe di Lina Wertmuller, Enzo Risolvo, presidente dell' associazione Taranto Centro Storico, propone, per domenica 26 ottobre, una visita organizzata nella città vecchia. L' idea alla base della proposta è «dare visibilità a chi è stato maltrattato, dicendo a tutta l' Italia che Taranto è una città accogliente. L'appuntamento -spiega Risolvo - è in piazza Castello alle 9:30, sotto il palazzo città per terminare verso le ore 12:00 in piazza Fontana». L' accusa mossa del presidente dell'associazione è che «purtroppo, qualche volta, gli altolocati parlano senza sapere che cosa sia realmente la città vecchia, dove la criminalità non può essere così tanto organizzata da “per mettersi” una professionalità delinquenziale come quella estorsiva. Anche perchè con i tanti eventi culturali e artistici che si susseguono, questi episodi sarebbero emersi tangibilmente». Per l'adesione alla visita di domenica 26 è possibile contattare il numero 3402860566

[Corriere del Giorno]

Classi di inserimento? Sì!

E' stata approvata alla Camera la mozione relativa all’accesso degli studenti stranieri alla scuola dell’obbligo. E’ stato un dibattito convulso, teso, impegnativo.
Purtroppo negli interventi della sinistra si è scelta la strada più facile: accusarci di essere razzisti, di voler segregare i bambini immigrati, di non volere l’integrazione degli stranieri in Italia.
Molti giornali hanno accreditano questa tesi, con titoli tipo quello del Corriere della sera: “Sì alle classi separate per stranieri”.


Partiamo dalla realtà
La situazione nelle scuole italiane è questa. Nel corso di tutto l’anno scolastico vengono inseriti nelle classi bambini stranieri che non sanno una parola di italiano. Poiché provengono da Paesi molto diversi tra loro, ciò crea una vera babele di linguaggi. La classe si blocca perché è evidente che non solo l’insegnamento ma anche l’ordine e la condivisione dei basilari principi di educazione sono resi impossibili dal fatto che buona parte dei bambini non è in grado di capire la lingua.


Il risultato
Il risultato è che né i bambini stranieri, né quelli italiani né i bimbi stranieri che già conoscono la lingua imparano qualcosa.

La proposta
Poiché non è pensabile avere per ogni singola classe insegnanti capaci di fare mediazione culturale parlando anche le lingue madri dei bimbi stranieri (per ogni classe dovremmo avere un insegnante che sa il cinese, uno che sa l’arabo, uno l’indiano, uno il pakistano, ecc.) la nostra mozione - che è dell’intera maggioranza, non solo della Lega - propone di cambiare rotta, in questo modo:
- proponendo un test che valuti se il grado di conoscenza della lingua italiana è sufficiente a rendere il bambino straniero in grado di apprendere.
- allestendo classi di inserimento, dove insegnare l’italiano ai bimbi stranieri che non lo sanno ancora assieme agli insegnamenti utili all’educazione alla legalità e alla cittadinanza.
- non consentendo ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, per un razionale ed agevole inserimento degli studenti stranieri nelle nostre scuole.
- prevedendo una distribuzione degli studenti stranieri proporzionata al numero complessivo degli alunni per classe, per favorirne la piena integrazione e scongiurare il rischio della formazione di classi di soli alunni stranieri.


Si tratta di misure di buon senso. E’ lasciare le cose come stanno che produce ignoranza, separatezza e “disintegrazione” invece di integrazione vera.

venerdì 17 ottobre 2008

BERLUSCONI: Il nostro obiettivo è dare sostegno alle famiglie con la riduzione fiscale e il quoziente familiare

"Il nostro obiettivo e’ arrivare a dare sostegno alle famiglie attraverso la riduzione fiscale e l’utilizzo del quoziente familiare". Lo ha affermato il presidente Berlusconi, in una conferenza stampa al termine del Consiglio europeo a Bruxelles. “Adesso in Europa gli aiuti di Stato che fino a ieri erano peccato sono un imperativo categorico. Siamo molto soddisfatti anche per l’approvazione al Consiglio europeo del Patto per l’immigrazione. Ora non ci saranno più polemiche sulle norme italiane perchè definite più restrittive o più severe: le norme saranno uguali per tutti i paesi".


Quanto alle decisioni assunte in tema di clima ed energia, Silvio Berlusconi ha spiegato: “L’Italia ha accolto molto bene questa formula che rimanda a dicembre la decisione, osservando che se l’Ue vuole essere la portabandiera di una politica di riduzione delle emissioni e un paradigma per chi procede in questa direzione, i gravami devono essere ripartiti su tutti i cittadini europei. Non è possibile che l’Italia che ha un’economia basata sul manifatturiero, si addossi diciotto miliardi all’anno di gravame".


Il nostro presidente ha poi parlato del decreto Gelmini sulla scuola e del provvedimento relativo al maestro prevalente: “Dobbiamo reagire a cio’ che si e’ diffuso, cioe’ quel sentimento di incertezza delle madri e dei genitori sul fatto del tempo pieno della scuola. La decisione sul maestro prevalente ha liberato degli insegnanti che verranno tutti delegati al tempo pieno. Quindi la nostra previsione e’ che rispetto alle classi che usufruiscono oggi del tempo pieno dovrebbe esserci un aumento tra il 50 e il 60% del numero di queste classi. Quindi e’ il contrario di quello che io ho visto stanotte guardando la televisione: i cartelli che vengono portati dalle madri in giro per le manifestazioni di piazza. Il tempo pieno sara’ confermato laddove gia’ c’era e ci sara’ un incremento vicino al 60% del tempo pieno stesso perche’ avremo piu’ insegnati a disposizione".

I FATTI DEL BUONGOVERNO: La social card per i più deboli

Entro pochi giorni l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale completerà l’invio delle lettere con le quali si comunica a oltre un milione di italiani in disagiate condizioni economiche l’avvio dell’operazione “social card”, la carta prepagata che metterà a disposizione dei più deboli 480 euro in un anno. Con la lettera, gli aventi diritto si recheranno alle poste e compileranno un modulo. Ai primi di dicembre avranno la carta. Procedure burocratiche ridotte all’indispensabile, notevole rapidità per un’operazione di una certa complessità: il governo mantiene gli impegni e rispetta le tabelle di marcia.

L’esecutivo di centrodestra ha ricevuto dal governo delle sinistre un’eredità disastrosa e sta affrontando con determinazione e intelligenza una crisi finanziaria globale senza precedenti, tuttavia ha reso disponibili meccanismi e risorse per aiutare concretamente chi deve affrontare la quotidiana fatica di vivere con redditi insufficienti.Il governo con una tempestività che gli italiani hanno apprezzato ha detassato la prima casa (abolizione dell’Ici) e parte dei redditi da lavoro dipendente (straordinari e premi di produttività), ma non poteva ignorare quei cittadini usciti dal mondo del lavoro che fanno realmente fatica ad arrivare alla fine del mese. Da questa volontà è nata la “social card”, un provvedimento innovativo, inconsueto nel nostro welfare.

Si tratta di una carta prepagata, che viene ricaricata di 80 euro ogni due mesi, spendibile nei supermercato convenzionati che praticheranno degli sconti. Potrà essere usata anche per pagare le bollette energetiche e, pure in questo caso, ci saranno sconti. La carta è anonima ed è riconoscibile soltanto dalla banda magnetica: il meccanismo è simile a quello del codice segreto del bancomat. Così si garantiscono la privacy e la dignità di chi ne usufruisce.

Avranno la carta i cittadini italiani di almeno 65 anni che non abbiano un reddito annuo superiore ai 6.000 euro; ne usufruiranno anche le famiglie che abbiano figli di età inferiore ai 3 anni e redditi bassi.

La platea dei fruitori della carta è destinata ad allargarsi. Il governo Berlusconi intende estendere il provvedimento ai pensionati che pur avendo un reddito superiore ai 6.000 euro siano tuttavia in condizioni di disagio. La card sarà estesa anche alle famiglie il cui reddito, pur superiore alla prima soglia indicata, è però insufficiente. Gli appartenenti ai ceti economicamente più deboli non saranno abbandonati. Il fondo che alimenta la social card attualmente ammonta a 500 milioni di euro, ma si prevede che aumenterà.

Nella stessa direzione di socialità e di solidarietà vera, e anche di sostegno alle imprese, va un altro provvedimento adottato ieri dal governo. Dai produttori di parmigiano reggiano e di grana padano – che attraversano una grave crisi - saranno acquistate duecentomila forme di formaggio, che saranno distribuite ai meno abbienti. L’operazione impegnerà oltre 20 milioni di euro.

Si progettano e si realizzano interventi diretti, concreti per sostenere anziani e famiglie in difficoltà. L’opposizione, ormai presa dall’ansia pizzaiola, cerca di sminuirne l’importanza, ma è una fatica vana. Il governo Berlusconi dimostra coi fatti di voler sostenere quei cittadini che il governo Prodi aveva tartassato con la sua politica di oppressione fiscale. Le misure fin qui adottate, inoltre, sono soltanto i primi segnali di una svolta, il cui obiettivo è quello di sostenere sempre più e meglio gli italiani che hanno bisogno.

giovedì 16 ottobre 2008

GELMINI: Maestro unico,voto in condotta e formazione dei docenti per una scuola di qualità

Vi proponiamo l’intervista del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini al quotidiano online "ilsussidiario.net" di mercoledì 15 ottobre 2008


Ministro Gelmini, ora che il testo del decreto è statoapprovato in aula le vorrei chiedere di spiegare a tutti, studenti, famiglie e docenti qual è sinteticamente il contributo utile e positivo che la scuola italiana ottiene da questa legge: cioè, in che cosa potrà migliorare la nostra scuola?
Parto dalla novità più contestata: la reintroduzione del maestro unico, anzi, come occorrerebbe dire, del maestro al posto del modulo. Mi è stato contestato di essere partita a cambiare un sistema di eccellenza, ma è proprio così? Cosa misurano i test internazionali? La capacità di lettura di un testo. Ebbene, è una competenza che viene rapidamente persa, come mostrano le prove degli anni successivi. Resta un fatto: e cioè che i “figli” della riforma del 1990 hanno visto crollare la loro capacità di leggere, scrivere, far di conto. Insomma, le basi, le fondamenta su cui poi costruire un percorso di istruzione in grado di andare anche oltre gli anni di scuola o di università. Il contrario di quanto capita. Il maestro è una scelta pedagogica forte, che torna a individuare una figura di riferimento per i bambini, mentre la scelta del 1990, quando il modulo venne introdotto, fu occupazionale ed ebbe anche il risultato di bruciare miliardi di risorse che sarebbero potuti servire per gli investimenti, a partire dall’aumento degli stipendi per gli insegnanti. Secondo punto, la duplice previsione dell’insegnamento di “Cittadinanza e costituzione” e la reintroduzione del voto in condotta vogliono innestare un processo vero di alfabetizzazione civile, che parte dalla conoscenza delle regole e dal loro rispetto. Terzo, la reintroduzione dei voti in decimi vuole contribuire a ridare chiarezza alla scuola. Quarto, è previsto un nuovo impulso all’edilizia scolastica. Ogni edificio scolastico è, in fondo, il biglietto da visita con cui la Repubblica si presenta ai futuri cittadini. Se una scuola, per usare una fortunata espressione che vorrei un giorno consegnare alla storia, è “sgarrupata”, anche l’istituzione pubblica e l’istruzione verranno considerate “sgarrupate”.


Il fronte sindacale sembrava fino a qualche giorno fa unito intorno alla proposta di sciopero generale; ora invece sembra che alcuni posizioni siano ancora aperte. È possibile secondo lei che si arrivi a trovare un accordo almeno con una parte del sindacato?
Io spero ancora che il richiamo alla ragionevolezza vinca sul richiamo della foresta e sulla paura del cambiamento. E’ stato così per la vicenda Alitalia, del resto, dove le frange conservatrici del sindacato sono rimaste isolate. Capisco che sul terreno della scuola, che coinvolge milioni di persone, questo processo sia più complicato. Ma non mi arrendo e guardo con attenzione sia alle aperture del segretario generale della CISL Raffaele Bonanni che del segretario generale della Uil Angeletti. La scuola deve passare da essere terreno di scontro privilegiato a terreno di confronto privilegiato. Si tratterebbe di una vera rivoluzione culturale, per attuare la quale sarebbe necessario mettere da parte da un lato gli interessi corporativi e la difesa della situazione attuale, dall’altro di utilizzare la scuola per altri scopi: e cioè per dare fiato a una opposizione a tutt’oggi in crisi di idee e proposte. Ci sono due slogan che rendono difficile il processo riformatore in Italia. E cioè il benaltrismo (“ma la questione è ben altra!”) e il “piùsoldismo”, l’illusione che ogni problema si risolva concedendo più risorse. La storia italiana è piena di esempi dove “benaltrismo” e “piùsoldismo” hanno prodotto spreco di risorse e incancrenirsi dei problemi. Se un motore è guasto, è inutile e controproducente mettere più benzina nel serbatoio. Io dico aggiustiamo il motore, restituiamo alla scuola i compiti che le sono propri, innalziamo il livello di qualità avendo al centro i nostri ragazzi e il loro futuro.


Guardiamo al futuro, e alle prossime scelte che lei affronterà. In alcune dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi lei ha rilanciato il tema della trasformazione delle scuole in fondazioni: quale sarà il percorso concreto per arrivare a questo modello di governance delle scuole, la cui positività è testata a livello internazionale?
La possibilità di trasformare le scuole in fondazioni è attualmente oggetto di dibattito alla commissione cultura della camera dei deputati a partire dal progetto di legge presentato da Valentina Aprea. Io spero che il confronto metta per una volta da parte le lenti delle ideologie e affronti il dibattito nei suoi termini reali. Per intenderci, farneticare di fondazioni come forma di “privatizzazione” della scuola mi sembrerebbe assolutamente fuori tema e frutto della volontà di disinformare. La domanda giusta è un’altra. Si tratta o meno di una opportunità per le “scuole dell’autonomia”, una autonomia, peraltro, rimasta in larga parte sulla carta? E’ in grado di attrarre nuove risorse dalla società? Ci consente di creare un nuovo rapporto, anzi, di tornare a gettare un ponte tra scuola e società? Io credo di sì. Il presupposto per un dibattito sereno e costruttivo è che si parta dalla realtà, non dalle sovrapposizioni ideologiche o peggio dietrologiche.


Un aspetto positivo delle scuole paritarie è che in molti casi sono scuole costituite in fondazioni dove il dirigente ha il potere di decidere, dove gli insegnanti sono adeguatamente motivati. Guardo pragmaticamente alla realtà, agli esempi positivi per declinarli in tutto il paese.
Il discorso della governance delle scuole e dell’autonomia va di pari passo con quello della positiva concorrenza fra scuole e quindi della libera scelta da parte degli utenti. Lei ha più volte usato parole di apprezzamento per il sistema lombardo della “dote scuola”: come questo sistema può diventare un modello anche a livello nazionale?
La Regione Lombardia è da sempre una delle punte di lancia dell’innovazione. Vorrei ricordare quanto realizzato, in materia di secondo ciclo dell’Istruzione, da Marino Bassi, che arrivò a sperimentare in Lombardia quanto poi è confluito nella Legge Moratti: e cioè la possibilità reale di innalzare il livello di scolarizzazione valorizzando anche la formazione personale. Un approccio pragmatico che ho fatto mio, in base al principio che occorre valorizzare il talento di ognuno, cercare percorsi personalizzati che facciano sì che ogni ragazzo stia bene a scuola e trovi a scuola gli strumenti per realizzare il proprio progetto di vita. La dote scuola ha rappresentato una importante innovazione, partita dal precedente buono scuola e da un sistema di borse di studio e contributi assolutamente all’avanguardia. Si tratta di esperienze estremamente positive, soprattutto perché partono da due presupposti: la libertà di scelta delle famiglie e la loro valutazione “dal basso” dei servizi.


Quale percorso prevede invece per introdurre quella differenziazione di carriera per i docenti che può essere la sola base della valorizzazione di questa tanto importante quanto snobbata professione?
Uno dei miei obiettivi di legislatura è di ridare agli insegnanti uno status sociale ed economico all’altezza della loro missione. L’inverso di quanto purtroppo è successo in Italia, dove si è preferito dare poco a molti chiedendo poco in cambio. Nella scuola che ho in mente sarà del tutto normale che un docente preparato, impegnato e responsabile sia destinato ad avere un premio per il proprio lavoro. Io ritengo realistico pensare a riconoscimenti fino a 7 mila euro l’anno, per dare un ordine di grandezza, che verranno erogati gradualmente già a partire dal 2010-2011, a un numero di docenti inizialmente più limitato ma che entro la fine della legislatura coprirà una percentuale rilevante. Ai tantissimi docenti che in questi anni hanno mandato avanti la scuola, spesso anche con sacrifici, penso che dobbiamo guardare con riconoscenza, e non solo a parole, come si è fatto finora, ma finalmente con iniziative concrete. Le risorse necessarie deriveranno da un recupero di efficienza del sistema scolastico e amministrativo e dai risparmi, il 30 per cento dei quali - come ha previsto la recente legge n. 133 - verranno reinvestiti per lo sviluppo della carriera. In particolare attraverso l’eliminazione degli sprechi e la riqualificazione della spesa realizzeremo economie per 7.8 miliardi di euro entro il 2012. Ne reinvestiremo oltre 2 miliardi di euro nel triennio 2010-2012, e in particolare 956 milioni a partire dal 2012. E in prospettiva ci poniamo l’obiettivo di arrivare a stipendi più elevati. Ma c’è un altro aspetto del problema da mettere al centro dell’agenda politica. Per troppo tempo si è ritenuto che chiunque potesse fare l’insegnante e per troppo tempo si sono riempite le graduatorie, creando sacche di centinaia di migliaia di precari. Occorre intervenire sui meccanismi di formazione degli insegnanti e di selezione, per impedire che persone inadeguate entrino in aula e mettere fine allo sconcio di docenti che entrano di ruolo a quarant’anni. E occorre dare agli insegnanti una prospettiva di carriera legata al merito e non agli scatti di anzianità. Il che non può essere fatto senza un sistema di valutazione serio e condiviso dei risultati della didattica, che tenga conto delle situazioni di partenza e misuri i progressi fatti.


Quali altre novità ci potranno essere nel prossimo futuro? Si è parlato anche di un cambio per quanto riguarda la maturità…
Una commissione ministeriale è già all’opera e attendo il risultato del loro lavoro. Le proposte, comunque, potranno vedere la luce a partire dalla maturità 2009/2010. C’è invece un aspetto su cui vorrei concentrami. E’ riassunto dalla parola semplificazione. Abbiamo meccanismi burocratici che appesantiscono la vita dei docenti. Il docente non è chiamato più solo a insegnare, ma ha una serie di incombenze, di riunioni, di adempimenti burocratici che non servono a nulla. E non parliamo dei dirigenti scolastici, soffocati dalle scartoffie. Allora diamo un taglio alla burocrazia, semplifichiamo il linguaggio anche delle circolari, riduciamo il numero delle norme che nel corso dei decenni si sono stratificate dando vita a una legislazione farraginosa, contraddittoria, spesso incomprensibile. Soprattutto, ricostruiamo un linguaggio comune alla comunità scolastica, comprensibile per i genitori e per gli stessi studenti.